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Rise of the SeaX Gilda PK Italiana su ZHI – Zulu Hotel Italia 7th age

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Rise of the SeaX

Calava la notte sulla fredda Asgard e una tempesta di neve imperversava. Due individui a cavallo attraversavano il villaggio dirigendosi verso una casa più isolata delle altre. Una volta arrivati i due scesero da cavallo, uno dei due bussò alla porta ed una voce rispose chiedendogli di identificarsi.
La risposta fu una serie di parole sussurrate a voce molto bassa e una volta finito la persona dietro la porta aprì e i due entrarono facendo attenzione che nessuno li avesse visti.

Una volta entrati l’anziano proprietario di casa si rivolse al piu’ giovane dei due:

“Ah siete voi Padron Melkor, è passato così tanto tempo… ad ogni modo qui è tutto come lo avete lasciato, nessuno sospetterebbe mai di un povero vecchio. Devo dedurre quindi che i tempi sono maturi?”

 Melkor, toltosi il mantello, iniziò a versare da bere al suo compagno e per se. Fatto un bel sorso di vino rispose al suo servo:

Esatto, alcuni dei nostri ci aspettano sulla costa orientale dell’isola. Salperemo per Buccaner’s Den una volta recuperato ciò che avevo nascosto in questa casa. Abbiamo preparato tutto nei minimi dettagli.

Ramish alzò lo sguardo verso i due e disse:
“Buccaner’s Den non è un posto sicuro, ormai la città è in mano agli Ebon Hand ma resta comunque il posto perfetto per nascondersi. Una volta che avremo trovato un approdo sicuro in città diffonderemo la notizia del mio ritorno.”

Tutto era stato pianificato sin dal principio. Sparire nel nulla quando le forze di Lord British e Lord Blackthrone venivano sciolte e l’esercito degli Ebon Hand imperversava. Tutti credevano che ormai si stesse stabilendo una sorta di equilibrio, di pace.

Anche il diversivo creato con i Goblin Zpakka Crani è servito per distogliere l’attenzione del mondo intero, gran merito andava a Tristano e Box Shadow, fedeli compagni di Ramish.

L’esercito Seax era stato per troppo tempo alla luce del sole per poter continuare ad imperversare su Sosaria.

Troppi eserciti erano stati dirottati verso Cove, lo scontro frontale avrebbe portato a numerose perdite da ambo i lati.

Nelle notti passate nel Gran Consiglio a Cove si era discusso sul da farsi, e non fu facile la scelta.

Spesso Ramish e compagni si scontrarono anche in maniera violenta l’uno contro l’altro, ma poi si convenne su una strategia unica.

I mesi erano passati lenti ad Asgard, l’esercito si era disperso lasciando un po’ perplesso il mondo intero.

Era venuto il momento di richiamare alle armi tutti i fratelli, sperando fossero tutti in vita.

Gli abitanti di Sosaria presto non dormiranno piu’ sonni tranquilli, presto tutti sapranno del ritorno di Ramish e verranno a Bucca, pronti a seminare nuovamente terrore sulle terre di Sosaria.

La rinascita dei Seax è iniziata.


> SeaX <

Era notte fonda a Northgard.
Il gelido vento del nord reclamava il suo dominio, fischiando pungente nei vicoli e nelle piazze, trasciando con sé fiocchi di neve raccolti nel suo passaggio sulle inospitali pianure che si stendevano oltre i monti che cingevano in un abbraccio la città.
In pochi osavano abbandonare il tepore del focolare di casa per avventurarsi sulle strade ghiacciate, preferendo restare al sicuro dietro una solida porta di quercia.
Il clima in città era cambiato, e non solo per la fine della breve ma pur sempre tiepida estate. Volti stranieri si aggiravano da qualche tempo in città, senza nessuna insegna ad attestare il loro credo o la casata di appartenenza.
E le domande non erano le benvenute: chi cercava informazioni riceveva in cambio spesso un kryss nella schiena.
I vichingi, signori della città, sembravano disinteressarsi della situazione, ignorando quando non ospitando molti di quegli stranieri nella loro fortezza.
Le distribuzioni di cibo avanzato, spesso l’unica fonte di sostentamento per i poveri che abbondavano, si erano sospese senza motivo, e la giustizia non era più amministrata da tempo, lasciando quindi spazio alle faide familiari, che imperversavano ormai in tutta la città, lasciando una scia di sangue e di morti senza nome.
Nella rocca, i barbari stavano bevendo e scherzando festeggiando una delle loro ultime vittorie. Il bottino non mancava, le scorribande si ampliavano di numero e di portata di volta in volta, e questo soddisfaceva tutti.
Non c’era motivo di preoccuparsi di una città quando si poteva prendere quello che si voleva quando si voleva.
Ramish, seduto al suo solito posto a capotavola, su comode pelli di orso e di lupo, osservava compiaciuto i suoi fedelissimi che bevevano e cantavano, meditando tra sé il buon momento che stava attraversando il suo clan.
“Presto non si accontenteranno più di saccheggiare i nostri nemici, presto chiunque dovrà temerli.”, meditava sorseggiando del sidro caldo. “Siamo forti e uniti, possiamo farcela. Forse, forse sì. Forse è giunto il momento”.
La luce nei suoi occhi era di ghiaccio, fredda come il mare artico che solcava al comando delle sue navi e dei suoi fedeli barbari.
Improvvisamente bussarono alla porta, forti colpi che scuoterono il robusto legno con cui era costruita. Quando aprirono, videro uno dei loro più cari compagni, che mancava da Nortghard da diversi giorni, ferito e lacero, mostrando sul corpo i segni di una violenta aggressione.
Fatto sedere, e rifocillato con del sidro riscaldare il suo corpo dai rigori cui era stato sottoposto, inizio il suo racconto, e ad ogni parola il furore dei barbari cresceva per le avversità che aveva affrontato, e la crudeltà dei nemici e di coloro che una volta credevano amici.
Ogni parola era sputata con odio e immenso rancore, infiammando i cuori già assetati di sangue dei barbari lì riuniti.
Quando terminò il racconto, Ramish ordinò di portare il barbaro dai guaritori, ed indisse con poche e secche parole un’assemblea di popolo per l’alba del giorno seguente, per poi ritirarsi nelle sue stanze senza aggiungere altro.

Durante la notte, la voce si sparse velocemente per le buie strade e le poche e affollate locande ancora aperte. Messaggeri partirono per portare la convocazione del re ai villaggi fuori città, affrontando senza timore, com’era nella loro natura, le strade rese impraticabili dalla neve.
La sensazione che qualcosa sarebbe presto cambiato si diffondeva insieme ai messaggi, l’idea che presto il regno di Northgard, inizialmente trattato con sufficienza dalle altre nazioni nei primi timidi viaggi oltremare, quindi assecondato e odiato quando era assurto a nuova potenza di Sosaria, in seguito invidiato dagli altri popoli per il suo potere e le sue ricchezze che si accumulavano numerose, non sarebbe più stato lo stesso, patria dove trovare pace e giustizia per persone di ogni dove.
E non si sbagliavano.

All’alba, mentre il sole ancora aveva solamente accennato ad avviarsi nel cielo, un’immensa folla si era riunita nella piazza principale, come poche volte era accaduto in passato.
Il brusio delle persone rimbalzava sulle pietre delle case, aumentando l’ansia e l’eccitazione di quanti erano già riuniti, che si domandavano l’un l’altro quale decisione potesse mai spingere il re, che poche volte si mostrava in pubblico, preferendo delegare ai suoi fedelissimi tutte le questioni di governo, a convocare tutto il popolo di del regno in così poco tempo.
Le trombe e i tamburi improvvisamente imposero il silenzio su Northgard, che si zittì vedendo apparire il proprio signore Ramish sui bastioni della fortezza, da cui poteva scorgere fin dove si spingeva la folla riunita e in attesa.
Al suo fianco, i suoi consiglieri si schierarono in fila, fieri e consci della loro forza, e la loro vista era ulteriore stupore per il popolo, che da tempo non ammirava lo splendore delle forze barbare.
Quando il richiamo dei tamburi terminò, Ramish osservò per un momento il suo popolo, e quindi, con voce potente, disse: “Molte lune sono passate dal nostro arrivo a Nortghard, abbiamo seguito il nostro istinto e abbiamo lottato contro fiere razze e contro la nostra stessa gente ma di tribù diversa, rivendicando il territorio, costruendo con le nostre mani pietra su pietra questa nostra città.
Abbiamo sopportato per tutti questi anni molte ingiurie e molti affronti, cercando di lottare per la nostra sopravvivenza, difendendo i più deboli, rispettando il nostro credo, onorando i nostri Dei e le nostre tradizioni.
Ma oggi, cari fratelli, qualcosa è cambiato, la gente che tanto abbiamo difeso e aiutato si è rivoltata contro di noi, negandoci ciò che ci spetta, attaccandoci a tradimento quando più eravamo vulnerabili, occupando la nostra terra e distruggendo tutto quello che più ci è caro della nostra terra, inospitale per i più ma pur sempre severa e giusta.
I miei consiglieri, qui al mio fianco, sono andati ad avanzare le nostre giuste richieste ai popoli che abitano oltremare, e che tanto abbiamo difeso. Ebbene, cosa abbiamo ottenuto? Solo insulti e spade sguainate contro di noi!
E’ tempo di porre fine a tutto questo!


Ebbene, da oggi IL MONDO CONOSCERA’ IL TERRORE E LA DISGRAZIA! LA NOSTRA VENDETTA SI ABBATTERA’ SU DI LORO E NON AVREMO PIETA’ PER NESSUNO!
UCCIDEREMO CHIUNQUE CI SI OPPONGA, PRENDEREMO QUELLO CHE NON CI VORRANNO DARE CON LA FORZA E CONOSCERANNO LA DISPERAZIONE!
COSI’ E’ E COSI’ SARA’!”.


Un urlo bestiale scaturì da tutti i barbari riuniti, che quasi copri le ultime parole del loro capo. Ma tutti avevano sentito, e i loro cuori erano infiammati dalle sue parole, e anni di fatica e ristrettezze si concentrarono in quello sfogo, e le pietre stesse tremarono udendo quella sfida al mondo intero.